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Egli non triterà la canna rotta e non spegnerà il lucignolo fumante, finché non abbia fatto trionfare la giustizia.
– Matteo 12:20 –

Dio non spegnerà il lucignolo fumante che sta per estinguersi, ma, al contrario, lo alimenterà fino a farlo diventare una fiamma ardente. Quando le lampade cominciano a spegnersi la luce diviene fioca e cominciano a produrre molto fumo.

In colui che si è convertito da poco, la grazia dimora insieme a molta corruzione. La sua condizione spirituale è simile a quella del lucignolo fumante: in lui vi è una luce molto tenue che illumina molto poco e per di più la presenza del peccato, come un denso fumo, ottenebra il suo cuore. Ci sono diversi gradi di maturità nel corso della vita cristiana. Alcuni credenti possono essere paragonati a bambini, altri a giovani, altri ancora ad adulti. Nel principio la grazia è come “un granello di senape” (Matteo 17:20), ma, passo dopo passo, colui che è una nuova creatura in Cristo cresce fino a raggiungere la piena maturità. Non c’è nulla di più piccolo come la grazia, al suo inizio; allo stesso modo in cui nulla al mondo è più glorioso della stessa grazia giunta a maturità. L’uomo, sebbene sia la più perfetta delle creature, giunge alla perfezione molto lentamente. Sono le più infime creature che, come i funghi o il ricino di Giona, crescono in una notte e, in un istante, svaniscono.

La grazia, oltre ad essere poca, risiede in un cuore corrotto. Ecco spiegato perché il cristiano è considerato “un lucignolo fumante”! La presenza della grazia non sradica la corruzione all’istante e, per questo motivo, nei credenti è presente un residuo di peccato che è causa di un conflitto spirituale. Per questo, anche le azioni migliori compiute dagli uomini migliori, devono essere purificate e santificate da Cristo! Ad esempio, quando finiamo di pregare, dovremmo supplicare Cristo un’altra volta affinché perdoni l’imperfezione della nostra preghiera.

Ricordiamo alcuni esempi biblici di quanto stiamo considerando. Quando Mosè giunse di fronte al Mar Rosso, fu grandemente perplesso e non sapendo cosa fare o cosa dire, si rivolse a Dio gemendo. Senza dubbio, egli affrontò un intenso conflitto interiore a causa della sua debolezza. Anche noi nei momenti di grande afflizione “non sappiamo pregare come si conviene; ma lo Spirito intercede per noi con sospiri ineffabili” (Romani 8:26). Quando Davide si trovò di fronte al re di Gath, finse di essere squilibrato (I Samuele 21:13). Tuttavia, in questa circostanza “il dolce cantore d’Israele” compose anche il Salmo 34, nel quale afferma che “il Signore è vicino a quelli che hanno il cuore afflitto” (Salmi 34:18). Quindi possiamo notare che insieme al fumo della finzione, ardeva in Davide anche la fiammella della preghiera. In un altro Salmo, Davide esclama: «Io, nel mio smarrimento, dicevo: “Sono respinto dalla tua presenza”», questo è il fumo. Poi aggiunge: «Ma tu hai udito la voce delle mie suppliche, quand’ho gridato a te» e questo è il fuoco (Salmi 31:22).

Sam mi chiamò, era nel panico. Aveva trascorso un giorno come tutti gli altri: si era alzato, era andato al lavoro, aveva lavorato fino all’ora di chiusura. Poi, mentre stava tornando a casa, era stato avvicinato da un uomo disperato che gli aveva detto che la sua vita era un caos, non sapeva neanche dove sarebbe andato a dormire quella notte. Sam non aveva mai vissuto simili situazioni, ma sperando di poter essere d’aiuto, quindi portò quell’uomo a casa e chiamò il suo pastore, cioè me. «Paul – disse – mi sono imbattuto in un ragazzo che ha perso il lavoro: ha un problema terribile con sua moglie e si trova in mezzo alla strada. Ho pensato di portarlo a casa tua, così tu potrai dargli l’aiuto di cui ha bisogno. Che ne dici, va bene?». Prima che Sam potesse aggiungere altro, risposi: «Non è meraviglioso l’amore di Dio? Dio si preoccupa di quest’uomo e mette uno dei suoi figli sul suo cammino. Dio si prende cura di te e ti dà l’opportunità di essere uno strumento nelle sue mani. Sono persuaso che Dio non sbaglia mai indirizzo, e desidera usare te nella vita di quest’uomo. Lascia che io preghi per te adesso, affinché Dio possa riempire il tuo cuore con il suo amore e la tua mente con la sua sapienza». Quando ebbi finito di pregare, Sam mi disse: «Ma io non credo di essere capace…». Lo interruppi: «Continuerò a pregare per te tutta la notte e ti chiamerò domani mattina. Sono molto incoraggiato dal tuo ministero verso quest’uomo». Salutai e attaccai il telefono.

Durante le settimane seguenti, rimasi al fianco di Sam, determinato a non prendere il suo posto, affinché apprendesse come amare il suo amico disperato. Imparò ad essere uno strumento che Dio usa per incoraggiare il cambiamento nella vita di qualcuno. Nel processo, Dio trasformò, allo stesso tempo, anche Sam e sua moglie. Avevo spinto Sam fuori dal “nido”.

Non è possibile intrattenere una relazione senza alcun genere di confronto. Il confronto avviene ogni giorno: una mamma sveglia la figlia per mandarla a scuola e la rimprovera per le condizioni della sua stanza; un fratello litiga con la sorella se questa si appropria senza permesso di qualche suo oggetto personale; una moglie parla con il marito dei propri affari; un pastore dibatte con un uomo caparbio della congregazione; un figlio sposato si lamenta con la madre per le sue interferenze nel matrimonio; un anziano si lamenta con un diacono del suo carattere suscettibile; una donna discute con un’amica della sua tendenza al pettegolezzo; un uomo anziano si duole con suo figlio che lo va a trovare di rado.

Tenendo conto che ci confrontiamo reciprocamente ogni giorno, dobbiamo chiederci: quale progetto guida il nostro confronto? Stiamo forse cercando di fare in modo che gli altri ci compiacciano? O piuttosto ci accostiamo a loro come ambasciatori, usando la Parola di Dio per condurli al pentimento?

Un confronto biblico efficace spesso ha inizio prima ancora di cominciare a parlare: lo stile con cui viviamo in società ogni giorno prepara la strada alla ricezione delle nostre parole. Non esiste alcuna separazione tra la nostra vita quotidiana e l’iniziativa di redenzione di Dio; non è possibile portare avanti la nostra volontà nelle “situazioni normali” e servire volontariamente il Signore nel “ministero”: una simile divisione è opera del nemico.

Il Signore possiede ogni nostra relazione. Egli ci ha posti in ciascuna di esse in vista dell’avanzamento del suo regno e per amore della sua gloria. Il suo progetto è più grande e migliore dei nostri! Per grazia, Dio ha preso delle persone perdute, sofferenti, cieche, deluse, egoiste, timorose e ribelli e le ha plasmate a somiglianza del suo Figlio. Egli mostra la sua gloria trasformando i pensieri e le intenzioni dei nostri cuori. La manifestazione della sua gloria, dunque, ha luogo laddove i suoi figli – ovvero i suoi ambasciatori – vivono, lavorano e si relazionano. Ogni situazione, dialogo, legame, prova o benedizione appartiene a lui; niente di tutto ciò è nostro. Non possiamo trovare soddisfazione compiacendo noi stessi in quello che diciamo o facciamo. Dobbiamo chiederci piuttosto che cosa lui gradisca.

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