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Sam mi chiamò, era nel panico. Aveva trascorso un giorno come tutti gli altri: si era alzato, era andato al lavoro, aveva lavorato fino all’ora di chiusura. Poi, mentre stava tornando a casa, era stato avvicinato da un uomo disperato che gli aveva detto che la sua vita era un caos, non sapeva neanche dove sarebbe andato a dormire quella notte. Sam non aveva mai vissuto simili situazioni, ma sperando di poter essere d’aiuto, quindi portò quell’uomo a casa e chiamò il suo pastore, cioè me. «Paul – disse – mi sono imbattuto in un ragazzo che ha perso il lavoro: ha un problema terribile con sua moglie e si trova in mezzo alla strada. Ho pensato di portarlo a casa tua, così tu potrai dargli l’aiuto di cui ha bisogno. Che ne dici, va bene?». Prima che Sam potesse aggiungere altro, risposi: «Non è meraviglioso l’amore di Dio? Dio si preoccupa di quest’uomo e mette uno dei suoi figli sul suo cammino. Dio si prende cura di te e ti dà l’opportunità di essere uno strumento nelle sue mani. Sono persuaso che Dio non sbaglia mai indirizzo, e desidera usare te nella vita di quest’uomo. Lascia che io preghi per te adesso, affinché Dio possa riempire il tuo cuore con il suo amore e la tua mente con la sua sapienza». Quando ebbi finito di pregare, Sam mi disse: «Ma io non credo di essere capace…». Lo interruppi: «Continuerò a pregare per te tutta la notte e ti chiamerò domani mattina. Sono molto incoraggiato dal tuo ministero verso quest’uomo». Salutai e attaccai il telefono.

Durante le settimane seguenti, rimasi al fianco di Sam, determinato a non prendere il suo posto, affinché apprendesse come amare il suo amico disperato. Imparò ad essere uno strumento che Dio usa per incoraggiare il cambiamento nella vita di qualcuno. Nel processo, Dio trasformò, allo stesso tempo, anche Sam e sua moglie. Avevo spinto Sam fuori dal “nido”.

Non è possibile intrattenere una relazione senza alcun genere di confronto. Il confronto avviene ogni giorno: una mamma sveglia la figlia per mandarla a scuola e la rimprovera per le condizioni della sua stanza; un fratello litiga con la sorella se questa si appropria senza permesso di qualche suo oggetto personale; una moglie parla con il marito dei propri affari; un pastore dibatte con un uomo caparbio della congregazione; un figlio sposato si lamenta con la madre per le sue interferenze nel matrimonio; un anziano si lamenta con un diacono del suo carattere suscettibile; una donna discute con un’amica della sua tendenza al pettegolezzo; un uomo anziano si duole con suo figlio che lo va a trovare di rado.

Tenendo conto che ci confrontiamo reciprocamente ogni giorno, dobbiamo chiederci: quale progetto guida il nostro confronto? Stiamo forse cercando di fare in modo che gli altri ci compiacciano? O piuttosto ci accostiamo a loro come ambasciatori, usando la Parola di Dio per condurli al pentimento?

Un confronto biblico efficace spesso ha inizio prima ancora di cominciare a parlare: lo stile con cui viviamo in società ogni giorno prepara la strada alla ricezione delle nostre parole. Non esiste alcuna separazione tra la nostra vita quotidiana e l’iniziativa di redenzione di Dio; non è possibile portare avanti la nostra volontà nelle “situazioni normali” e servire volontariamente il Signore nel “ministero”: una simile divisione è opera del nemico.

Il Signore possiede ogni nostra relazione. Egli ci ha posti in ciascuna di esse in vista dell’avanzamento del suo regno e per amore della sua gloria. Il suo progetto è più grande e migliore dei nostri! Per grazia, Dio ha preso delle persone perdute, sofferenti, cieche, deluse, egoiste, timorose e ribelli e le ha plasmate a somiglianza del suo Figlio. Egli mostra la sua gloria trasformando i pensieri e le intenzioni dei nostri cuori. La manifestazione della sua gloria, dunque, ha luogo laddove i suoi figli – ovvero i suoi ambasciatori – vivono, lavorano e si relazionano. Ogni situazione, dialogo, legame, prova o benedizione appartiene a lui; niente di tutto ciò è nostro. Non possiamo trovare soddisfazione compiacendo noi stessi in quello che diciamo o facciamo. Dobbiamo chiederci piuttosto che cosa lui gradisca.

 

Nel corso della storia le persone sono state affascinate e intrigate da rivisitazioni del racconto della creazione narrato dalle loro culture.
Gli Aztechi attribuivano la creazione a Coaticue (Gonna di Serpenti), una manifestazione della “madre Terra”, i Fenici ai Custodi del Cielo (Zophashamin) e gli ebrei e i cristiani dell'unico vero Dio (Yahweh).Ma vi è uno sfortunato gruppo - i figli dei materialisti atei - che non hanno alcun mito della creazione. Quando un monello curioso chiede chi creò il sole, gli animali e gli uomini, i suoi genitori materialisti, al massimo, possono indirizzarlo a leggere un libro di Carl Sagan o di Richard Dawkins.
Ma che tipo di racconto potrebbero trovarvi? Si dovrebbe dire loro ciò che il famoso astrofisico Stephen Hawking sostiene nel suo libro The Grand Design, ovvero che "l'universo ... creò se stesso dal nulla"?
Dal momento che la spiegazione di Hawking è piuttosto triste e poco articolata per essere il genere di lettura che si fa prima di andare a nanna, ho deciso di raccogliere tutti gli elementi del materialismo e plasmarli in una narrazione presumibilmente accurata, sebbene nello stile di un racconto mitico. Questo è ciò di cui la nostra cultura si è privata per troppo tempo: una storia della creazione per giovani materialisti atei.

* * * * *

Nel principio era il Nulla, e il Nulla creò il Tutto. Quando il Nulla decise di creare il Tutto, riempì un minuscolo punto con il Tempo, il Caso e il Tutto, e lo fece espandere. L'espansione propagò il Tutto nell'Ovunque trasportando il Tempo e il Caso per fagli compagnia. I tre si estesero simultaneamente, perdendo pezzi di se stessi ovunque andassero. Uno di questi luoghi divenne il pianeta Terra.

Essendo stati chiamati efficacementeda Diomediante l’opera potente e soprannaturale dello Spirito Santo a ravvederci della nostra corruzione e dei nostri peccati ed alla fede nel Signore Gesù Cristo, essendo stati rigenerati, suggellati e santificati per essere adottati come figli di Dio a lode della sua gloria ed avendo ricevuto tutto ciò che riguarda la vita e la pietà, affinché camminassimo in novità di vita, perseverando fino alla fine quando ci sarà ampiamente concesso l'ingresso nel regno eterno del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo. ed essendo stati battezzati per immersione sulla base della nostra professione di fede nel nome del Padre, il quale ci ha eletti incondizionatamente prima della fondazione del mondo ad essere adottati come suoi figli, nel nome del Figlio, il quale è morto per noi sulla croce e ci ha redento con il suo prezioso sangue e nel nome dello Spirito Santo, il quale ci ha chiamati in modo irresistibile al ravvedimento ed alla fede,

Noi stabiliamo solennemente e con gioia davanti a Dio il seguente patto

C’impegniamo davanti a Dio e gli uni verso gli altri, invocando il Padre nel nome del Figlio, affinché ci conceda fede, speranza e amore mediante lo Spirito Santo, a camminare insieme nell’amore, a combattere insieme con un medesimo animo per la fede del Vangelo, a promuovere insieme il bene e la prosperità della chiesa, a sostenere insieme la sua dottrina, la sua adorazione, i suoi ordinamenti e la sua disciplina, a sottometterci al suo governo esercitato dai conduttori che essa ha designato, a essere umili gli uni verso gli altri, a incoraggiarci all’amore e alle buone opere, a essere presenti quando la chiesa si riunisce per adorare e servire Dio, a contribuire regolarmente e con gioia al sostegno economico dei suoi ministeri, di coloro che in essa si trovano in estrema indigenza ed a favore dell’evangelizzazione del mondo intero.

C’impegniamo inoltre a mantenere la pratica regolare delle devozioni private e familiari, ad allevare i nostri figli nella disciplina e nell’istruzione del Signore, a rendere una buona testimonianza a quelli di fuori, ad essere lenti all’ira, pronti a perdonare di cuore coloro che vengono meno nei nostri confronti ed a coltivare la gentilezza nei nostri atteggiamenti, a cercare ardentemente la conversione degli inconvertiti e ad essere zelanti nei nostri sforzi e nelle nostre preghiere per l’avanzamento del regno di Dio nel mondo, in special modo in e tramite questa chiesa.

Infine, c’impegniamo a non terminare il presente accordo se non con il consiglio e l’approvazione della chiesa, affinché possiamo mantenere un rapporto rispettoso e fraterno con essa, continuando eventualmente a frequentare una chiesa dove si confessa e si onora la medesima dottrina e si vive nello spirito di questo patto.

Caltanissetta 13 novembre 2006

Ieri, domenica 12 novembre presso il Palacannizzaro di Pian del Lago (Caltanissetta) si è tenuto un incontro ecumenico molto denso di contenuti e straordinariamente partecipato (più di cinquecento sono stati i convenuti) denominato “Giornata cattolico-evangelica Siciliana”. Tale iniziativa richiamava la dichiarazione congiunta cattolico-luterana sulla giustificazione firmata il 31 ottobre 1999 ad Augusta da rappresentati ufficiali della chiesa Cattolica Romana e della Federazione mondiale Luterana.
L’incontro è stato organizzato da un comitato formato dal delegato per l’ecumenismo ed il dialogo interreligioso della diocesi di Caltanissetta, P. Calogero Milazzo, il pastore della chiesa Cristiana Avventista di Piazza Armerina Enzo Paolo Caputo e il pastore della chiesa Valdese di Palermo Giuseppe Ficara.
La “giornata”, iniziata alle 10:30 è stata co-presieduta da Mons. Antonio Adragna (direttore del centro per l’Ecumenismo ed il Dialogo interreligioso della CESI) e dalla Dott. Alessandra Trotta (diacona presso le chiese Valdesi e Metodiste del XVI circuito) ha seguito il seguente programma:

  • Liturgia interconfessionale guidata dalla pastora della chiesa Valdese e metodista alla Noce, Palermo, Elisabetta Ribet;
  • Animazione mimata dal gruppo interconfessionale di Palermo;
  • Conferenza a due voci tra i professori Paolo Ricca (emerito della Facoltà valdese di Teologia di Roma) e James Puglisi (ministro generale dei frati Francescani dell’Atonement e direttore del centro Pro Unione di Roma);
  • Spazio per interventi dei partecipanti;
  • Condivisione di testimonianze di membri e rappresentati delle chiese e dei movimenti intervenuti (una suora, un Avventista, un aderente al Rinnovamento nello Spirito, un Battista, una Luterana e poi, i rappresentati del movimento dei focolari, della parrocchia di S. Giuseppe di Caltanissetta e della chiesa Valdese di Palermo) introdotto dalla pastora Luterana Crista Wolf;
  • Intervallo con musica corale a cura della chiesa Valdese di Palermo e della chiesa Battista di Reggio Calabria;
  • Chiusura con un “messaggio alle chiese” condotto da Mons. Sotir Ferrara, eparca di Piana degli Albanesi e Presidente del Centro Pastorale per l’Ecumenismo ed il dialogo interreligioso della CESI e letto dal Mons. Antonio Adragna.
Nel corso della Giornata è intervenuto il vescovo di Piazza Armerina Mons. Michele Pennisi e, nel tardo pomeriggio ha presenziato Mons. Russotto vescovo della diocesi di Caltanissetta).
Chi scrive ha partecipato alla “giornata” come osservatore e pur, essendosi dovuto assentare per tenere i culti presso la propria chiesa, ha visto e ascoltato le registrazioni degli interventi che non ha potuto seguire di persona.
L’incontro si è svolto in un clima di cordialità ed entusiasmo e, sebbene il programma si sia rivelato eccessivamente denso, in molti hanno “resistito” fino al congedo ufficiale (che si è avuto alle 18,30) riconoscendo che si è trattato di “qualcosa di nuovo”, di “inedito” sul panorama ecumenico italiano, e di “assai rilevante” anche perché “accaduto in Sicilia” che, anche nel cammino ecumenico tra Cattolici ed Evangelici si rivela essere la regione d’Italia all’avanguardia. Fin qui la cronaca.
Molte e varie considerazioni potrebbero farsi: primariamente sulla natura stessa di questo genere d’incontri o anche sul modo squilibrato e molto poco “ecumenicamente corretto” in cui la componente cattolico-romana HA gestito gli interventi, ha parlato e testimoniato (perfino qualche membro del comitato organizzatore si è sentito “offeso” dalla benedizione in nome di “Maria Theotokos” da parte del Vescovo di Caltanissetta, dal debordante marianesimo nelle testimonianze della suora e del membro del Rinnovamento nello Spirito che ha narrato anche di miracoli compiuti da San Pio…), tuttavia, qualcos’altro ha colpito chi scrive. Una semplice constatazione: nella coscienza di coloro che hanno scelto di impegnarsi nel “dialogo ecumenico” gli evangelicali o (come sono stati definiti di recente dal nuovo presidente della FCEI Domenico Maselli) gli “evangelici popolari” sono stati rimossi, non esistono, sono delle non-entità. Mi spiego: sebbene fossero presenti un cospicuo numero di credenti di chiese pentecostali e apostoliche e sebbene il prof. Ricca avesse la consapevolezza della mia presenza, poiché prima del suo intervento gli ero stato presentato come un “Riformato Battista” e (bontà del mediatore!) come “persona avversa a questo genere di ecumenismo” (questa è la fama che mi sono costruito), alla domanda posta dal Past. Caputo sulle motivazioni per le quali alcuni ambienti evangelici abbiano criticato e respinto la dichiarazione congiunta cattolico-luterana sulla giustificazione, la risposta del prof. Ricca è stata letteralmente stupefacente. Ha detto che una prima stesura aveva incontrato le critiche da entrambe la parti (in particolare da quella cattolica Romana nella persona dell’allora Card. Ratzinger), mentre la sua formulazione finale non è stata criticata da nessuno.
Una tale risposta può significare solo due cose:
  1. O rivela una sorprendente e colpevole ignoranza da parte del prof. Ricca sia di quanto accade e viene pubblicato in campo evangelicale in Italia (si pensi a Giustificati per sola fede di Robert C. Sproul da Alfa & Omega, con in appendice una valutazione di Leonardo De Chirico proprio sul documento in questione, e ad altri due libri sul tema pubblicati da Passaggio: Sola fede di R. C. Sproul e Fede spericolata di John McArthur, oltre ad articoli apparsi su varie riviste evangeliche, per non parlare delle prese di posizione – più o meno esplicitate – della componente “conservatrice” delle chiese pentecostali rappresentata dalle Assemblee di Dio in Italia e da molte congregazioni pentecostali indipendenti aderenti o meno alla federazione delle chiese pentecostali) sia di quanto accade e viene pubblicato in ambienti accademici Evangelici per lo meno statunitensi (a parte il già citato R. C. Sproul ricorderò un altro Presbiteriano, Robert Raymond, attualmente professore di Teologia sistematica presso il Knox Theogical Seminary in fort Laurendale, Florida e che ha insegnato per vent'anni presso il Covenant Theological Seminary di S. Luois, autore di una Teologia sistematica molto apprezzata e di molti altri libri tra cui un saggio dal titolo Il conflitto della Riforma con Roma, perché deve continuare dove valuta la dichiarazione congiunta sulla giustificazione).
  2. Ma potrebbe esserci un’altra spiegazione: ovvero che si deve leggere come la negazione del diritto di cittadinanza tra la schiera degli evangelici a coloro che – o per grettezza o semplicemente per coerenza con l’insegnamento dei Riformatori (ai posteri l’ardua sentenza) – si rifiutano di considerate la Riforma del XVI secolo come il risultato di un “difetto di comunicazione”, un equivoco, insomma; ma continuano a ritenerla essenzialmente un “risveglio religioso” e uno scontro più che necessario tra due visioni di Dio, dell’uomo, del mondo e, quindi, del Vangelo antitetiche, alternative e inconciliabili.
Tutto qua! non ci sono altre possibili interpretazioni… e mi si consenta di esprimere forti dubbi sulla prima possibilità. Troppo dotto e “lucido” è il prof. Ricca per compiere una tale “gaffe accademica”.
Cosa fare, fratelli? Beh innanzi tutto ho pensato che dovevate saperlo e, poi, se mi si permette di alzare la mia debole voce, vorrei raccomandare due attitudini:
  1. La prima è quella di evitare sia i piagnistei sia le manovre politiche. Rassegniamoci: noi evangelicali siamo sistematicamente ignorati dalle istituzioni, dai media e dal “protestantesimo storico” e continueremo ad esserlo. Non riusciremo a invertire la tendenza. Sebbene numericamente potremmo costituire una forza, siamo troppo deboli, troppo polverizzati e troppo poco inseriti nel tessuto sociale e culturale per sperare di far sentire la nostra voce ad “alti livelli”. Smettiamo di piangerci addosso e di manovrare (ricorrendo alle “armi carnali”) affinché questo accada. Se accettiamo di assumere la posizione di “evangelicali”, se crediamo davvero che il protestantesimo storico abbia sbagliato ad abbandonare l’ortodossia riformata e a seguire prima il liberalismo teologico e poi la neo-ortodossia e il neo-liberalismo e se crediamo davvero che anche le chiese evangeliche teologicamente conservatrici dovrebbero riflettere profondamente sui richiami della Dichiarazione di Cambridge (http://www.solagrazia.it/documenti/dichiarazione-cambridge.htm), noi ci stiamo ponendo dalla parte della minoranza della minoranza… di un residuo sparuto tra il residuo… Lo dico, credetemi, con sofferenza, sperando di essere libero dall’odioso orgoglio di chi si crede uno dei “pochi eletti e fedeli” o (come è stato detto) da chi affetto dalla “sindrome di Elia”. Lo dico con senso di dolore e vergogna per la mia condizione e per la condizione della mia chiesa perché, se siamo sale, chi stiamo insaporendo? Se siamo luce, chi stiamo illuminando? Ora, se però siamo consapevoli della nostra posizione nel mondo e tra la chiesa professante, perché ci stupiamo di essere snobbati? Perché mai dovremmo pretendere di raggiungere la rispettabilità e il “peso politico”? Gesù ha preannunciato l’odio del mondo per coloro che avrebbero mostrato nel mondo i segni dall’appartenenza a lui… ci siamo dimenticati che stiamo seguendo colui che ha trionfato soffrendo e che per schiacciare il capo del Serpente è stato ferito al calcagno? Siamo forse migliori del nostro Maestro e dei suoi apostoli? O crediamo che il mondo sia migliorato, nel frattempo?
  2. La seconda è cerchiamo i pagani e predichiamo loro il Vangelo. Quanto ho visto ieri mi ha incoraggiato moltissimo, ha acceso il mio cuore di zelo, mi ha persuaso che io e la mia chiesa dobbiamo essere altrove… non in queste riunioni tra “brave persone” togate, titolate e dialoganti… ma tra i pagani che ci circondano. Tra i “pubblicani e i peccatori” del nostro tempo per predicare loro il Vangelo. Questa è la nostra chiamata. Quanti ce ne sono! Gente disperata, schiacciata dal vuoto della nostra epoca che vive vite senza senso e che cerca un senso dove non può trovarlo. E noi cosa stiamo facendo per loro? Cosa stiamo facendo per i nostri connazionali che vivono senza Dio e senza speranza accanto a noi, per i poveri che sono tra noi (poveri sia spiritualmente che materialmente), per i nostri vicini di casa, i nostri colleghi di lavoro, i nostri compagni di classe a scuola? Cosa stiamo facendo per il milione e mezzo di musulmani che vivono in Italia e che devono ascoltare il Vangelo? Che cosa stiamo facendo per tutti i cinesi che sono tra noi? Il vero scandalo non è la divisione dei cristiani ma la mondanità, la pigrizia, l’avarizia, il perbenismo , l’ipocrisia e la “buona educazione cristiana” di chi si professa cristiano. Queste cose ci accecano per non vedere i veri bisogni e per rimanere sordi alle suppliche silenziose di chi non sa, non può o non vuole chiedere aiuto.

Se anche voi sentite così smettiamola con i piagnistei e con le manovre politiche e cerchiamo l’umiliazione e il ravvedimento biblici, cerchiamo il Signore con la preghiera e il digiuno personalmente e corporativamente, con le nostre chiese, cerchiamo i pagani, i bisognosi e salviamoli portando loro il Salvatore del mondo, la Speranza, la Via, la Verità e la Vita.

Nazzareno Ulfo

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