Le missioni (20) - di Paul David Washer
«Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.» (2 Timoteo 3:16-17)
“Che cosa c’è in comune tra Atene e Gerusalemme?”, scriveva in una delle sue opere Tertulliano da Cartagine (160-225 d.C.), profondamente preoccupato a causa della trasformazione che la cristianità sottoposta alle influenze dei filosofi laici dell’epoca, stava subendo e di cui era diretto testimone. La fede “che è stata trasmessa ai santi una volta per sempre”[1], veniva man mano orrendamente deformata dalle “verità” più popolari e accettate del mondo secolare.
Questo genere di sincretismo[2] costituisce da sempre il nemico più pericoloso e insidioso per il cristianesimo autentico e la missione che gli è stata affidata nel mondo. Proprio per questa ragione, in quanto credenti abbiamo l’obbligo di far prevalere le Scritture su ogni altra voce o influenza che tenti di prevalere sulle verità in esse espresse o pretenda di arricchirle. Accettare senza remore o cautele l’idea secondo la quale “tutta la verità è verità di Dio”, lasciandosi ingannare dalla sua parvenza di integrità intellettuale, significherebbe di fatto aprire un vaso di Pandora e imbrattare la fede cristiana, sia sul piano pratico, che dottrinale, con ogni genere di eresia ed errore. Le Scritture costituiscono l’unica e sola fonte infallibile di verità. Si sostengono su se stesse e non hanno bisogno di alcun ausilio o approvazione da parte di chissà quale altra disciplina. Benché sia possibile apprezzare e servirsi di importantissime scoperte al di fuori delle Scritture, non bisogna cadere nell’errore di equipararle alla rivelazione di Dio. La storia ha più volte inequivocabilmente dimostrato che considerare al pari della Scrittura qualsiasi altra entità, sia essa un personaggio, un concilio o una disciplina, di fatto usurpi l’autorità della Bibbia e conduca inesorabilmente il cristianesimo verso una qualche forma di cambiamento e rimaneggiamento. Oggi, due delle forze più potenti e insidiose che minano all’autorità delle Scritture e operano attivamente per usurparle con l’obiettivo di modificare radicalmente la chiesa e i suoi sforzi missionari, sono il pragmatismo e le scienze sociali.
È ormai evidente che il pragmatismo sia diventato il motore dell’evangelismo e delle missioni. La domanda che ci si pone oggi non è più “è biblico?”, ma piuttosto “funziona? Produce qualche risultato?”. Seguire una simile inclinazione non conduce che alla morte. È stata questa bussola a condurre al naufragio innumerevoli ministeri. Invece di sviluppare e coltivare una metodologia fondata su un’adeguata interpretazione del testo biblico, tanto chi coordina le missioni, quanto chi ne prende parte, preferisce frequentare conferenze su conferenze e divorare libri su libri nella smodata ricerca della tendenza più affermata o del metodo più innovativo per raggiungere il successo. Molte delle strategie che di solito vengono proposte hanno una qualche parvenza di saggezza e in alcuni casi sono il motore per un’improvvisa ed effimera accelerata nell’attività missionaria, ma sono assolutamente poco influenti per l’autentico avanzamento del regno di Cristo. Simili tecniche non provengono dalle Scritture e non dipendono dal sostegno dello Spirito; sono macchine sofisticate, piene di ruote e ingranaggi, ma del tutto prive di vita. Si mettono in moto generando un gran fracasso per poi incepparsi subito dopo la partenza ed essere ben presto accantonate e sostituite. Non sono altro che l’armatura di Saul[3], e coloro che le impiegano non fanno che confidare in un braccio di carne[4].
L’altra potenza mondana che sta contribuendo a modificare la cristianità e il suo mandato nel mondo è costituita dalle scienze sociali; ovvero quell’insieme di alternative ostili alle Scritture che uomini caduti offrono per porre riparo a ciò che in loro stessi è lacerato. A causa della sempre crescente ignoranza in merito alla verità teologica e alla sempre minore importanza che l’evangelicalismo moderno attribuisce a quanto affermato dalle Scritture, il messaggio e le metodologie oggi attuate sono divenuti preda della potente e fallace influenza degli antropologi, dei sociologi e degli psicologi secolari. Le loro teorie traballanti, in continua evoluzione e decisamente anti-bibliche hanno divorato i fondamenti della nostra fede, hanno prosciugato il potere della nostra predicazione e ci hanno lasciato molto poco da dire al mondo.
Dovremmo riprendere a porci la medesima domanda che Elia fu inviato a rivolgere al re Acazia: “È forse perché non c'è Dio in Israele che voi andate a consultare altri dei?”[5]. È forse perché non c’è Dio per l’evangelicalismo moderno che bisogna cercare il consiglio e il supporto di quelle discipline che sono nate come alternative alle Scritture e alla visione del mondo cristiano? Non sarebbe forse più saggio seguire le direttive che Dio stesso ha dato al profeta Isaia e ai suoi discepoli?
“Se vi si dice: «Consultate quelli che evocano gli spiriti e gli indovini, quelli che sussurrano e bisbigliano», rispondete: «Un popolo non deve forse consultare il suo Dio? Si rivolgerà forse ai morti in favore dei vivi? Alla legge! Alla testimonianza!» Se il popolo non parla così, non vi sarà per lui nessuna aurora!”[6]
Se il nostro scopo è quello di riconquistare e mantenere salda la rotta che la Bibbia ha segnato per tutto ciò che concerne le missioni, allora la nostra dottrina e i metodi che scegliamo di adottare devono essere definiti e plasmati dalle Scritture infallibili e immutabili per mezzo del lavoro devoto e fedele di esegeti, teologi e storici della chiesa. Non abbiamo affatto bisogno delle opinioni anti-bibliche e decisamente mutevoli proposte da psicologi, antropologi, sociologi o esperti in tecniche atte a far crescere le chiese. Dobbiamo invece, batterci strenuamente con gli intenti più nobili e gli sforzi più audaci per trarre dalle Scritture e da esse soltanto le dottrine da insegnare e le metodologie da attuare.
[1] Giuda 1:3.
[2] Con “sincretismo” si intende la combinazione di idee religiose e culturali molto distinte e spesso perfino opposte tra loro. È il caso, per esempio, dell’accostamento di insegnamenti buddisti o islamici a quelli propri del cristianesimo ortodosso, o dell’inclusione delle filosofie e culture popolari all’interno della chiesa.
[3] 1 Samuele 17:38-39.
[4] 2 Cronache 32:7-8.
[5] 2 Re 1:3, 6, 16.
[6] Isaia 8:19-20.