Le missioni (12) - di Paul David Washer
Ognuno di noi è un teologo. Potremmo esserlo secondo ciò che afferma la Bibbia oppure in contrasto con essa. Potremmo mostrare un atteggiamento diligente oppure pigro. Ma la verità è che tutti noi siamo dei teologi. Se ciò può essere detto dell’uomo secolare e persino dell’ateo, ancor di più è possibile riferirsi in questi termini al missionario cristiano. Il Grande Mandato riguarda la comunicazione della verità di Dio agli uomini in un modo tale che il suo messaggio sia organico, non contraddittorio e comprensibile. Pertanto, volente o nolente, il missionario è un teologo coinvolto in un’opera che è marcatamente teologica. Pensare altrimenti è fuori da ogni logica.
A dispetto di questa verità, è sorprendente quanto siano pochi quei missionari che si dedicano allo studio della dottrina, e quanto siano pochi invece i teologi che hanno a cuore l’opera missionaria. Questo fenomeno si può osservare persino nei seminari o nelle scuole bibliche. Gli studenti che sono impegnati nello studio dottrinale spesso preferiscono rimanere dentro i confini accademici, mentre coloro che sono meno inclini a questo genere di studio e più propensi ad andare incontro ai bisogni dell’umanità, si inoltrano speditamente nel campo delle missioni. Questo rappresenta una grave contraddizione. Il più grande beneficio che potremmo recare all’umanità in qualsiasi luogo e in ogni tipo di circostanza è quello di portare agli uomini la Parola della vita, e di comunicare loro la verità biblica. Il mondo perisce per mancanza di conoscenza1 e per l’assenza della potenza trasformatrice dello Spirito che opera mediante la proclamazione di quella conoscenza. Perciò, una delle più grandi necessità nel campo missionario è avere missionari che conoscano il loro Dio e le Scritture, e che considerino la predicazione della verità come la loro chiamata più alta.
Sebbene il Grande Mandato sia un impegno teologico, è diventata pratica comune mandare missionari che possiedono solo una conoscenza teologica minima. Anche quei missionari che hanno studiato in scuole o seminari biblici spesso tendono a tralasciare gli studi fondamentali sulle Scritture2 al fine di immergersi in strategie pragmatiche e, spesse volte, all’avanguardia concernenti la missione, la cultura, la fondazione e la crescita delle chiese. Dunque, essi partono per la missione con tante di quelle strategie da far affondare una nave, ma la loro conoscenza teologica è così poca che potrebbe essere riposta in un taschino.
Lo scopo del Grande Mandato è fare discepoli di Cristo e fondare chiese in posti che non erano stati prima raggiunti dal vangelo. Di conseguenza, ciò che il missionario crede e insegna costituirà, il più delle volte, il fondamento stesso di una chiesa. Se il fondamento è debole, l’intero edificio sarà debole; se la radice dell’albero è cattiva, allora il frutto che crescerà da essa sarà anch’esso cattivo, persino nocivo. Per tale ragione, dovremmo mandare nel campo missionario i nostri migliori esegeti, teologi e predicatori espositivi. Quanto meno, ciascun missionario dovrebbe possedere un’adeguata conoscenza dell’ermeneutica, delle lingue bibliche, della teologia sistematica, e della storia della chiesa. Lanciare qualcuno nella missione che è motivato dalle metodologie più recenti riguardo alla crescita della chiesa, senza essere fondato sulla regola della Scrittura, è qualcosa di estremamente pericoloso. Eppure, questo è proprio ciò che osserviamo più frequentemente. Dobbiamo ricordarci sempre che i peggiori nemici del teologo sono il liberalismo e il pensiero avanguardista, ma quelli del missionario sono lo zelo senza conoscenza e il pragmatismo.
In una certa circostanza, un giovane scrisse a un anziano missionario chiedendogli di poter collaborare con lui nell’opera missionaria. Quel missionario cominciò a fargli delle domande su quale fosse il suo studio delle Scritture, la sua conoscenza dottrinale, la sua vita di preghiera, la sua devozione e la sua concezione circa le missioni. Le risposte che diede il giovane dimostrarono che o era impreparato e poco disciplinato, oppure che non aveva mai riflettuto su quelle cose. Alla fine, questi esclamò: «Non ho molta conoscenza di tutte queste cose, desidero solo andare in missione e dare la mia vita!». Al che, l’anziano missionario replicò: «Giovane, nessuno qui ha bisogno della tua vita. Quello di cui la gente ha bisogno è Dio, e qualcuno che possa parlare di lui in modo appropriato». Dopo questa dura risposta, quel missionario presentò con molta pazienza a quel giovane una concezione più biblica delle missioni. Dopodiché lo invitò a fargli una visita e a lavorare a fianco a lui per un certo periodo di tempo. In seguito, quel giovane confessò ad un amico che ciò che aveva imparato in quella conversazione iniziale lo aveva aiutato a comprendere la serietà della missione e la grande importanza di essere «un operaio che non abbia di che vergognarsi, che tagli rettamente la parola della verità»3.
Abbiamo bisogno di ogni genere di doni nella chiesa e nel campo missionario. Tuttavia, questi doni dovranno essere esercitati nella sfera della verità biblica e dovranno servire a comunicare tale verità agli altri. Se così non è, allora tutta la nostra attività sarà una vera e propria contraddizione del Grande Mandato, e recherà solo danno al suo avanzamento tra le genti. Non dovremmo mai essere di “impedimento” ad un cristiano che è stato realmente chiamato da Dio a servirlo nell’opera missionaria. Ciò nonostante, potrebbe essere saggio “impedirglielo” per un tempo finché non si sarà adeguatamente preparato nella conoscenza della Scrittura, nelle grandi dottrine della fede, e nelle discipline o mezzi della grazia della vita cristiana.
NOTE
1 Osea 4:6.
2 Le materie di studio fondamentali includono l’ermeneutica, le lingue bibliche, la teologia sistematica, e la storia della chiesa.
3 2 Timoteo 2:15