Andare
Abbiamo già evidenziato che il grande mandato di cui parla il nostro testo non è espresso dal comando “andate”, ma dal “fate miei discepoli”. Nondimeno, come hanno puntualizzato alcuni studiosi, questa osservazione è stata accentuata troppo ma anche troppo poco1. In uno dei due estremi ritroviamo pastori e chiese che negano che ci sia un comando ad “andare” e perciò si preoccupano di evangelizzare soltanto nei luoghi dove risiedono trascurando il resto del mondo. All’altro estremo vi sono quei pastori e chiese che ritengono giusto dare la priorità al comando ad “andare”, facendo spazio a un pragmatismo frenetico e alla pratica di inviare in terra di missione chiunque lo voglia, a dispetto della sua maturità di discepolo e della sua capacità di fare discepoli. La posizione più equilibrata consiste nel riconoscere che il comando e lo scopo ultimo del mandato è quello di fare discepoli e che, nondimeno, “andare” verso altri popoli è un elemento assolutamente necessario allo svolgimento del compito assegnato. Al contempo, è necessario tenere a mente che bisogna andare attenendosi ai principi biblici, inviando solo uomini e donne qualificati, che conoscano la Parola di Dio, che siano imitatori di Cristo, che siano in grado di fare discepoli e che abbiano i requisiti necessari per fondare e organizzare delle chiese bibliche.
Un’altra importante verità, connessa al compito di andare e di inviare dei missionari, consiste nel riconoscere che il grande mandato è un impegno che richiede fisicità2. Viviamo nell’era dei media, di internet e del ciberspazio. I progressi tecnologici degli anni passati si sono dimostrati molto benefici per la propagazione del Vangelo, specialmente in quelle aree generalmente inaccessibili ai missionari. Queste cose, però, non potranno mai rimpiazzare il missionario in carne e ossa. In alte parole, noi non possiamo adempiere al grande mandato online! Le “missioni bibliche” consistono nel mandare persone ad altre persone. Quando Dio determinò di raggiungere l’umanità, non lo fece scrivendo il Vangelo nel cielo, né inviando degli arcangeli a portarlo a ogni angolo del globo terrestre. Egli prese su di sé la natura umana e abitò tra di noi3. Adesso egli ci manda nella stessa maniera; carne e ossa a carne e ossa.
Un’ultima verità importante riguardante il grande mandato è che non solo dobbiamo agire in accordo con la volontà di Dio, ma dobbiamo anche inviare altri, conformemente alla medesima volontà. Certamente non tutti i cristiani sono chiamati ad andare in terra straniera come missionari a tempo pieno. Molti sono chiamati a restare, non solo per rappresentare Cristo tra la gente in mezzo alla quale abitano, ma anche per inviare missionari nelle missioni «in modo degno di Dio»4. L’impresa missionaria, in effetti, è molto semplice e può essere suddivisa in due categorie ben definite: quella di chi è chiamato ad andare e quella di chi è chiamato a inviare. Qualunque sia la categoria di appartenenza, è richiesta la stessa dose di dedizione. Come disse William Carey: «Io mi calerò nel pozzo dell’India, ma voi dovrete reggere la fune»5. Così dovremo decidere se scendere nella miniera o se reggere la fune di coloro che vi scendono. Entrambe le scelte ci provocheranno delle ferite alle mani.
Battezzare
Seguendo l’ordine del nostro testo, “battezzare” viene immediatamente dopo al comando di “andare”. Se tuttavia guadiamo all’insegnamento generale del Nuovo Testamento, apprendiamo che tra le due vi è la predicazione del Vangelo. Ciò appare chiaro alla luce degli altri due passi del grande mandato nei vangeli di Marco e Luca:
«E disse loro: “Andate per tutto il mondo, predicate il vangelo a ogni creatura”»6.
«Così è scritto, che il Cristo avrebbe sofferto e sarebbe risorto dai morti il terzo giorno, e che nel suo nome si sarebbe predicato il ravvedimento per il perdono dei peccati a tutte le genti, cominciando da Gerusalemme»7.
Il compito del missionario non si esaurisce nell’andare a predicare il Vangelo a ogni creatura, ma dovrà anche chiamarle a rispondere in maniera chiara e decisiva, con il ravvedimento e la fede. Ciò si manifesta esteriormente facendo pubblica professione della propria unione a Gesù Cristo attraverso il battesimo. Per lo scopo di questo articolo, considereremo brevemente tre importanti verità tratte dall’ordinanza del battesimo.
Anzitutto, il discepolo deve abbracciare il messaggio cristiano nella sua interezza, escludendo ogni altro dio e tutte le opinioni religiose contrastanti con tale messaggio. Questo pensiero è contenuto nella frase «del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo». Il Dio della Bibbia non è quello del corano e Cristo non è Krishna. Non c’è affinità tra il cristianesimo gli altri “ismi” religiosi della nostra epoca. Il missionario non offre ai popoli della terra il loro stesso dio con un nome diverso. Egli non costruisce ponti tra le diverse visioni, né costruisce una nuova religione prendendo il meglio da tutte le altre. Egli proclama a tutti popoli, a ogni cultura e a qualsiasi creatura l’unico nome nel quale possono essere salvati8. Per questa ragione il missionario cristiano deve proteggere se stesso, il suo messaggio e i suoi nuovi convertiti da ogni forma di sincretismo9. Non dovrà retrocedere di un centimetro10 alla tentazione di alterare l’unicità del messaggio cristiano o mischiarlo con l’ideologia religiosa prevalente nella cultura del luogo di missione. Dovrà proclamare chiaramente gli elementi distintivi della fede cristiana senza compromessi e richiedere la stessa cosa a coloro che vorranno identificarsi con essa attraverso il battesimo.
La seconda verità che emerge dalla prescrizione del battesimo è che il discepolo deve identificarsi con Cristo apertamente e pubblicamente. Questa verità è sostenuta dall’insegnamento di Cristo e dagli apostoli. Gesù diede questo avvertimento: «Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io riconoscerò lui davanti al Padre mio che è nei cieli. Ma chiunque mi rinnegherà davanti agli uomini, anch'io rinnegherò lui davanti al Padre mio che è nei cieli»11. L’apostolo Paolo scrisse: «Se abbiamo costanza, con lui anche regneremo; se lo rinnegheremo anch'egli ci rinnegherà»12. Questa verità si applica alla chiesa in tutto il mondo, anche in quei luoghi e in quelle circostanze dove può essere osservata solo pagando un prezzo molto alto individualmente e comunitariamente. In un certo senso, la sofferenza e la missione mondiale vanno a braccetto13. Gli apostoli non insegnarono ai nuovi discepoli di Cristo come fare per evitare la sofferenza, ma li avvisarono in anticipo che avrebbero sofferto, e poi li prepararono ad affrontare la sofferenza14. Per questa ragione la chiesa non deve mai fuggire la persecuzione cercando di preservare se stessa a ogni costo; e ciò nondimeno deve agire con saggezza. Nelle zone di intensa persecuzione, infatti, non solo è richiesto grande coraggio, ma anche tanta saggezza. Proprio per questa ragione Gesù ammonì i suoi discepoli dicendo loro: «Ecco, io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe»15.
La terza verità che scorgiamo nella richiesta del battesimo è che i discepoli devono identificarsi apertamente e pubblicamente con la chiesa. Il grande mandato non si limita alla richiesta di fare singoli discepoli, ma implica la necessità per ciascun credente di instaurare una relazione di interdipendenza con altri nel contesto di una comunione locale di credenti che si sono identificati pubblicamente con Cristo attraverso il battesimo. Sebbene il cristianesimo sia attento all’unicità dei singoli credenti e cerchi di incoraggiarla, si tratta sempre di una religione di tipo comunitario. Il missionario non è semplicemente chiamato a “fare discepoli”, ma anche a dar vita a “comunità” di discepoli che si amano e si servono reciprocamente secondo il modello della Scrittura. Gesù disse: «Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri»16. Questo tipo di relazioni durature sono possibili solo nel contesto della chiesa locale.
Insegnare
La scelta di porre l’insegnamento dopo il battesimo non significa che non debba esserci istruzione prima della conversione o del battesimo. Una adeguata comunicazione del Vangelo non si compie solo con la proclamazione, ma anche con la spiegazione. All’etiope che leggeva da Isaia 53:7-8, Filippo chiese: «“Capisci quello che stai leggendo?” Quegli rispose: “E come potrei, se nessuno mi guida?”»17. La scelta di collocare l’insegnamento dopo il battesimo non fa che rafforzare quanto abbiamo già imparato sul vero discepolo di Cristo: è colui che, essendo stato giustificato per fede, consacra la sua intera vita a imparare a camminare come il suo maestro. Perciò, il compito del grande mandato non si esaurisce con la conversione dell’individuo, ma continua per tutto il resto della sua vita. Finché il discepolo è su questa terra, deve essere istruito intorno a tutto ciò che Cristo è e a tutto ciò che egli ha comandato al suo popolo. Mentre proseguiremo in questa guida per le missioni, ritorneremo più volte su questo argomento. Il grande mandato è anzitutto un impegno didattico18. In altre parole, esso riguarda l’insegnamento del Vangelo e di tutto il consiglio di Dio a quelli che devono ancora ascoltarlo. Le missioni non consistono nel semplice invio di missionari, ma nell’invio della verità di Dio attraverso dei missionari, i quali dovranno essere uomini e donne che Dio approva come operai che non hanno di che vergognarsi, e che tagliano rettamente la Parola della verità19.
Infine, ci sono altre tre verità riguardanti il posto che l’insegnamento riveste nel grande mandato che dobbiamo considerare brevemente. Per prima cosa, il compito di insegnare non ha il semplice obiettivo di accrescere la conoscenza, ma vuole produrre uno stile di vita rinnovato. Gesù comandò ai suoi discepoli di insegnare a tutti i popoli “a osservare” tutto ciò che lui aveva comandato20. Le istruzioni di Cristo sono inseparabili dalla sottomissione alle sue regole. Per questo motivo egli dice: «Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, perché io sono mansueto e umile di cuore»21. Secondariamente, l’insegnamento non si compie solo con l’istruzione, ma anche con l’imitazione. Gesù disse ai suoi discepoli: «Insegnando loro a osservare tutte quante le cose che vi ho comandate». L’operaio che fa discepoli è soggetto allo stesso comando del discepolo che istruisce, e dovrà mostrare con l’esempio cosa significa sottomettersi alla volontà del Maestro. Questa verità è illustrata nella vita e nel ministero dell’apostolo Paolo che scrisse queste parole alla chiesa di Corinto: «Siate miei imitatori, come anch'io lo sono di Cristo»22. Per terzo, la fonte del nostro insegnamento dovrà essere costituita dai comandamenti di Cristo e da tutto il consiglio delle Scritture. Ciò è dimostrato molto efficacemente da John Albert Broadus (1827-1895), che scrisse:
«Il Signore non ha predetto un tempo o delle circostanze in cui una qualsiasi porzione del suo insegnamento sarebbe diventata antiquata, falsa, inappropriata o superflua». Potremmo anche aggiungere che il Signore non ha contemplato alcuna ulteriore rivelazione che si sarebbe potuta aggiungere23.
NOTE
1 Così scrive Craig Bloomberg: «Il comando principale espresso del grande mandato è “fate miei discepoli” (matheteusate). Questa osservazione è stata accentuata troppo ma anche troppo poco, Si è esagerato nel momento in cui si è attribuito al comando di ”andare” rivolto ai discepoli un ruolo eccessivamente subordinato, fino a ritenere che Gesù ci chiama a fare discepoli solo nel luogo di residenza [,,,]. È stata accentuata troppo poco nel momento in cui ci si è preoccupati soprattutto del comando ad andare, come nel caso degli innumerevoli appelli alla ricerca di candidati missionari, e le missioni verso gli stranieri hanno assunto una importanza maggiore delle altre espressioni di attività sociale» (Matthew, NAC 22, a cura di E. Ray Clandenen, Accordance electronic, Nashville, Broadman & Holman Publishers, 1992, p. 431).
2 L’autore usa qui il termine “incarnational” per indicare che «le missioni bibliche esigono l’invio di veri missionari “in carne e ossa” a persone vere “in carne e ossa”» (n.d.t.).
3 Giovanni 1:14.
4 3 Giovanni 6.
5 S. Pierce Carey, William Carey, p. 108.
6 Marco 16:15.
7 Luca 24:46-47.
8 Atti 4:12.
9 «Sincretismo: mescolanza, fusione di dottrine religiose o filosofiche di origine diversa in un nuovo sistema religioso o filosofico | fusione di diverse divinità in una nuova, che ne riassume i distinti attributi» (www.garzantilinguistica.it).
10 Riguardo al conflitto con i giudaizzanti che cercavano di conformare il cristianesimo al giudaesimo, l’apostolo Paolo scrisse: «Noi non abbiamo ceduto alle imposizioni di costoro neppure per un momento, affinché la verità del vangelo rimanesse salda tra di voi» (Galati 2:5).
11 Matteo 10:32-33; si veda anche Luca 12:8-9.
12 2 Timoteo 2:12-13.
13 Matteo 10:16-33.
14 1 Tessalonicesi 3:3-4; Filippesi 1:29.
15 Matteo 10:16
16 Giovanni 13:35.
17 Atti 8:30-31.
18 La parola “didattico” deriva dal verbo greco didaskein che significa insegnare. Un lavoro è didattico quando riguarda l’insegnamento e l’istruzione.
19 2 Timoteo 2:15.
20 Matteo 28:20.
21 Matteo 11:29.
22 1 Corinzi 11:1.
23 Commentary on Matthew, p. 1001.