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Perché abbiamo bisogno dei puritani (J. I. Packer)

Saggio introduttivo al libro Santi di mondo di Philip Ryken di prossima pubblicazione dall’editore Alfa & Omega

Si dice che il polo sia lo sport dei re. Svago molto più popolare, invece, è il lancio del fango. In particolare, infangare i puritani è stato per molto tempo il passatempo preferito su entrambe le sponde dell’Atlantico. Siccome l’immagine che la maggior parte delle persone ha dei puritani è tuttora imbrattata da molto di quel fango, bisognerà scrostarla almeno un po’.

La stessa parola “puritano”, in effetti, nasce già lorda di fango. Coniata nei primi anni ’60 del XVI secolo, fu sempre un’etichetta infamante, un’espressione satirica che denotava scontrosità, atteggiamento censorio, presunzione ed una certa dose di ipocrisia, con un’estensione del suo significato fondamentale di malcontento religiosamente motivato nei confronti di una Chiesa d’Inghilterra elisabettiana ritenuta Laodicea e arrendevole. In seguito, il termine assunse un ulteriore significato, stavolta politico: quello di oppositore della monarchia Stuart e difensore di qualche forma di assetto repubblicano. Il significato principale, comunque, continuava a riferirsi a quella che veniva considerata una stravagante, violenta e sgraziata forma di Protestantesimo. In Inghilterra, il sentimento antipuritano ebbe libero corso al tempo della Restaurazione, e da allora è fluito senza intralci fino a noi. Nel Nord America è montato lentamente dopo l’epoca di Jonathan Edwards, raggiungendo il culmine un centinaio d’anni fa nella Nuova Inghilterra post-puritana.

Nel corso dell’ultimo mezzo secolo, tuttavia, gli studiosi si sono impegnati in una meticolosa opera di rimozione/ripulitura del fango. E come gli affreschi di Michelangelo nella Cappella Sistina, che, dopo essere stati ripuliti dalla perizia dei restauratori dalle vernici più scure, rivelano oggi inusitati colori, allo stesso modo l’immagine convenzionale dei puritani è stata radicalmente rinnovata, almeno tra chi si documenta (la conoscenza, ahimè, viaggia lenta in certi ambienti). Edotti da Perry Miller, William Haller, Marshall Knappen, Percy Scholes, Edmund Morgan, e da un più recente stuolo di ricercatori, i lettori informati ormai riconoscono che i tipici puritani non erano degli individui selvaggi, feroci e grotteschi, dei fanatici religiosi e degli estremisti politici, ma cittadini sobri, coscienziosi e colti, persone di principio, determinate e disciplinate, eccellenti nelle virtù domestiche e senza particolari difetti salvo una certa tendenza a perdersi in chiacchiere quando avevano da dire qualcosa d’importante a Dio o agli uomini. Alla fine, chiarezza è stata fatta…

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