Pietro Bolognesi
Ci accontentiamo di aggettivi. Gli aggettivi sono quelle parti del discorso che qualificano i sostantivi. L’uso sapiente di essi permette di cogliere la qualità della cosa indicata dal sostantivo. E’ un interessante parametro della cultura posseduta. Gesù sapeva usarli.
Nel nostro Paese non sembra si sia in grado d’usare gli aggettivi. Se lo si fa, non lo si sa fare. Nei discorsi e dibattiti sulle questioni religiose, giornalisti, uomini di cultura (?), accademici, politici, si servono del termine “chiesa” senza alcuna specificazione. “La chiesa ritiene…, pensa…, è…”. Nella mente dei più, il termine “chiesa” evoca, la chiesa cattolica romana. Questo alimenta un clima di nebulosità e superficialità. Come se la chiesa cattolico romana fosse l’unica chiesa o fosse in grado di riassumere sentimenti e convinzioni di tutte le altre chiese. Quando ci si sforza molto, si parla di chiese “diverse dalla cattolica”. E’ il colmo. In molte bocche le chiese non hanno ancora la necessaria dignità per essere nominate! Sembra che vi sia pudore o semplice ignoranza nel servirsi degli aggettivi. La chiesa cattolica sarebbe il metro, le altre vengono prese in considerazione solo commisurandole ad essa.
Pietro Bolognesi
La situazione culturale del nostro paese è più tragica di quel che si potrebbe pensare. Se si tolgono gli orpelli e le buone maniere, ci si rende conto che c’è un grande problema culturale e spirituale. Dietro le belle maniere si cela un grumo d’ignoranza, ottusità ed empietà. La libertà religiosa è solo apparente. Le reazioni alla sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo sull’esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici, ha mostrato, ancora una volta, quanto si sia lontani da un ideale minimo di laicità.
Questo editoriale ha un obiettivo modesto. Vuole incoraggiare all’uso degli aggettivi. Non si parla dei sostantivi usati per tradurre termini religiosi. Essi sono già tutto un programma. Il “pfarrer” della chiesa evangelica tedesca viene tradotto con “parroco” anziché “pastore”; il “service” di una chiesa evangelica americana, viene reso con “messa” e via discorrendo. Questo esige appena un po’ di cultura religiosa, ma questo non è un prodotto molto diffuso nell’ambito dei media.
Ci accontentiamo di aggettivi. Gli aggettivi sono quelle parti del discorso che qualificano i sostantivi. L’uso sapiente di essi permette di cogliere la qualità della cosa indicata dal sostantivo. E’ un interessante parametro della cultura posseduta. Gesù sapeva usarli.
Nel nostro Paese non sembra si sia in grado d’usare gli aggettivi. Se lo si fa, non lo si sa fare. Nei discorsi e dibattiti sulle questioni religiose, giornalisti, uomini di cultura (?), accademici, politici, si servono del termine “chiesa” senza alcuna specificazione. “La chiesa ritiene…, pensa…, è…”. Nella mente dei più, il termine “chiesa” evoca, la chiesa cattolica romana. Questo alimenta un clima di nebulosità e superficialità. Come se la chiesa cattolico romana fosse l’unica chiesa o fosse in grado di riassumere sentimenti e convinzioni di tutte le altre chiese. Quando ci si sforza molto, si parla di chiese “diverse dalla cattolica”. E’ il colmo. In molte bocche le chiese non hanno ancora la necessaria dignità per essere nominate! Sembra che vi sia pudore o semplice ignoranza nel servirsi degli aggettivi. La chiesa cattolica sarebbe il metro, le altre vengono prese in considerazione solo commisurandole ad essa.
E’ vero che nel linguaggio mediatico l’assenza d’aggettivi può rappresentare una semplificazione efficace, ma si tratta con ogni evidenza di un riduzionismo colpevole. Una semplificazione che distorce l’informazione e che non fa giustizia dalla complessità della realtà. Non c’è bisogno di chissà quale cultura per sapere che esiste una notevole diversità tra le chiese. Le chiese cattoliche sono assai diverse per concezioni e spiritualità da quelle evangeliche, protestanti, ecc. Per rispettare la realtà nelle sue diverse sfaccettature, non è necessario studiare teologia. Basta cominciare ad usare gli aggettivi: chiesa cattolica, chiesa protestante, chiesa evangelica e via discorrendo. A ben vedere non sembra uno sforzo troppo gravoso. E’ possibile vivere nel XXI secolo e non essere ancora in grado di usare gli aggettivi per quanto riguarda le realtà religiose? E’ possibile affrontare questioni religiose senza rispettarne le sensibilità?
Questo editoriale fa una richiesta sommessa a tutti. Che al termine “chiesa” si aggiungano i relativi aggettivi: “cattolica, evangelica, protestante, ortodossa”, ecc. E’ una richiesta modesta. Aiuterebbe forse ad evitare qualche equivoco. Avvicinerebbe ad una vera informazione.
Questo editoriale fa anche un’umile proposta agli evangelici. Che in tutte le sedi possibili, dibattiti-trasmissioni radiotelevisive, conferenze, tavole rotonde, messaggi, venga proposto d’usare gli aggettivi. E’ una piccola richiesta, ma può forse concorrere a far crescere la consapevolezza della diversità. “Caro onorevole, caro Santoro, caro direttore, non le sembra che sarebbe più corretto parlare di ‘chiesa cattolica anziché di chiesa tout-court?’ Non pensa che sarebbe opportuno informarsi sulla posizione di altre chiese per rispettarne l’eventuale diversità? Chi è stato invitato per rappresentare le posizioni di altre chiese?”
Non è una richiesta rivoluzionaria, ma può far crescere un senso di laicità che sembra ancora di là da venire.
Articolo pubblicato su "Ideaitalia"
anno XIII, 4 dicembre 2009