di James T. Dennison Jr. (1)
Luca 2:1-20
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Il giorno della nascita di un liberatore era stato celebrato nei canti dei veggenti e la sua opera era stata annunciata con un trasporto di devozione. Questo liberatore veniva annunciato come il “principe della pace”, colui che porterà la tranquillità, il pacificatore, colui che avrebbe liberato dalla guerra e dalle lotte. Davanti a questo avvento, davvero gli uomini avrebbero deposto le loro spade. Una luce splendente avrebbe diffuso i suoi raggi sopra il mondo. La luce, la radiosa luce solare, è l’immagine del suo regno. Una nuova età sarebbe sorta e l’umanità, avvolta da questo chiarore, sarebbe stata felice, gioiosa ed in pace. Il suo benefattore cosmico, questo salvatore, infatti, avrebbe portato misericordia, giustizia e libertà. Questo liberatore avrebbe iniziato una nuova era, un nuovo ordine: la trasformazione del mondo; la fine del vecchio mondo: l’inaugurazione di un nuovo mondo. Nella battaglia sarebbe stato onorato come vincitore- colui che sconfigge tutti i suoi nemici. Si, di lui si sarebbe anche detto che aveva un dio per padre, che era figlio di una divinità. La sua apparizione avrebbe portato una buona notizia- la buona notizia che un mondo nuovo aveva inizio.
Questo liberatore attraversò il Campo Marzio, così come Cesare aveva attraversato il Rubicone. Ottaviano, questo è il nome del liberatore atteso, entrando nel Senato Romano diede inizio all’opera che gli valse il nome di Augusto, cioè “maestoso”. Pace, Pace Augustea… e dittatura! La guerra civile aveva finalmente fine, i soldati abbandonavano le case della plebe, i campi e le fattorie non venivano più sommariamente requisiti, le devastazioni di cento anni di carneficine cominciavano ad essere lentamente riparate. Si, Roma era stanca, stanca di morte, stanca di massacri, stanca di distruzioni, stanca della corruzione. Ed Ottaviano, Ottaviano era l’uomo adatto ad ogni occasione. Un secolo di anarchia aveva fine con l’inizio del suo regno. A prima vista tutto andava bene nella città dei sette colli, Roma veniva ricostruita più gloriosa di prima: templi, arene, terme e fori abbondavano! Non rimaneva alcuna traccia delle lotte passate. Augusto ha trovato Roma costruita di mattoni e l’ha lasciata lastricata di marmo. Se dozzine di templi furono aperti, le porte del tempio di Giano però furono chiuse. Ecco la Pax Romana!
Ma coloro che sono in autorità, raramente sono quelli che appaiono. Sotto la vernice, sotto l’immagine pubblica, c’erano gli intrighi, i complotti, la crudeltà e l’insensibile uso della gente. Ottaviano introdusse la Pace Romana, ma il prezzo di questa pace fu la fine della libertà della repubblica. I cittadini romani divennero così poco più che schiavi politici e sociali, perché Cesare, Cesare Augusto era il despota supremo, il gran dittatore, il signore di tutto ciò che lo circondava.
L’ETÀ AUREA
L’età di Augusto è stata celebrata dai poeti (particolarmente da Virgilio) come la nuova era, l’inizio dell’età aurea. L’impero si estendeva in ogni ambito: nella legge, nella cultura, nelle arti, nella letteratura, nella potenza militare e nel nuovo fermento religioso. L’economia prosperava ed i templi erano affollati, ogni nuovo culto aveva il diritto di erigere il suo tempio in Roma. Si parlava di riforme: riforma dei costumi, riforma della religione e riforma della repubblica.
Ma quello che esteriormente appariva splendente e radioso, quello che appariva promettente e di successo, quello che sembrava venire incontro ai bisogni delle masse, riforma dopo riforma, opera dopo opera, rituale dopo rituale: tutto questo che dall’esterno appariva tanto soddisfacente, portatore di pace ed appagante, in realtà era vuoto. L’anima dell’impero era la tirannia, l’autocratico governo dei pochi sui molti. Cicerone veniva ucciso da Marco Antonio, Catone si suicidava davanti alla polizia imperiale di Giulio Cesare, Catullo lamentava la solitudine dell’uomo. Ed Augusto? Augusto fu un macellaio che, brutalmente e sistematicamente, eliminava ogni mano che si era levata contro Cesare. L’attenzione del popolo veniva stornata dall’imperatore e dal suo regno di terrore grazie a molte attività: la costruzione di opere pubbliche, la diffusione di una moltitudine di divinità, i giochi e le festività. Ogni manipolatore aveva la sua agenda, ma per coloro che avevano occhi per guardare sotto la vernice, occhi per osservare dietro la facciata, la verità per quel che riguarda Augusto rimaneva: egli era un individuo brutale e dispotico.
L’impero iniziava a morire. Intellettualmente, Cicerone, Virgilio, Orazio ed Ovidio non potevano fermare l’inondazione della superficialità e il diluvio delle sciocchezze. La vitalità intellettuale moriva e la lussuria diventava il principale passatempo dell’aristocrazia. La retorica e l’oratoria divenivano uno strumento di adulazione, servivano compiacere i ricchi e i potenti. La grandezza dello stato, grandezza racchiusa nell’imperatore, il suo uomo diventato un dio, si era innalzata ed ora schiacciava lo spirito e l’iniziativa dell’uomo. Gregorio Magno riguardando a Roma affermò che questa civiltà era stata uccisa dalla prosperità economica e dalla sete inappagata del cuore. Cuori assetati: da Roma a Cartagine, da Atene ad Alessandria, e questi cuori assetati andavano abbracciando l’astrologia, la magia e la pratica dell’occulto. Esistevano divinità per ogni cosa, anche una divinità per insegnare ai bambini a succhiare il latte, e la superstizione si diffondeva. Nessun valore, nessuno standard morale, nessun significato: la gloria di Roma nascondeva la malattia della sua anima, cioè un’angoscia che non poteva essere eliminata. Gli spettacoli di sangue dei gladiatori nell’arena non potevano placare questa angoscia, non la poteva placare il battesimo di sangue del dio Mitra, il devoto culto reso a Cesare non poteva portare la pace.
Pessimismo, paura, disperazione, fatalismo: questi erano i demoni che possedevano l’impero. E nessuno, né l’imperatore, né senatore, né filosofo, né mago, né poeta, poteva scacciarli.
GLI INSIGNIFICANTI
Ai giorni di Cesare Augusto… un giovane falegname e la sua giovane sposa, incinta, lentamente si facevano strada verso il sud. Da Nazareth, un anonimo villaggio della Galilea, si spostavano verso Betlemme, la città del re Davide a sud di Gerusalemme. Nessuna strada asfaltata segnava il loro percorso attraverso i monti e le valli della Giudea. Nessuna scorta militare vegliava su questa solitaria coppia. La benedizione dell’impero era sopra di loro! Benedizione? Si, ancora due nomi senza volto da aggiungere al rotolo del censimento. L’entrata di Maria e Giuseppe a Betlemme avvenne in maniera silenziosa, non annunciata, senza fare notizia alcuna. Nessun palazzo di marmo attendeva questi due figli di Davide, al loro arrivo nessuna processione festante riempì le strade, nessun festoso banchetto celebrò la buona riuscita del loro viaggio.
Per loro non c’era nessuna stanza, ma solo una stalla. Maria, in quella oscura stalla, diede alla luce il suo primogenito. Maria tagliò il cordone ombelicale al bambino, lo lavò e lo nutrì, se lo strinse al petto, lo cullò e lo pose in una mangiatoia. Nessun araldo corse per le strade ad annunciare la nascita di un re, nessuna folla giubilante si raccolse nel tempio e nelle sinagoghe a ringraziare per la venuta del Figlio di Dio. Nessun solenne editto del sinedrio o del senato dichiarò il giorno della nascita di questo bambino come festivo.
Non gli occhi del mondo, ma solo quelli di sua madre e di suo padre, dell’umile ancella del Signore e dell’umile ed obbediente falegname, lo contemplarono. Solo i pastori fecero visita dalle vincine colline alla mangiatoia. I pastori dei pascoli di Davide scesero a contemplare un altro Agnello. I pastori:categoria respinta dalle persone rispettabili, assimilata ai briganti ed ai fuorilegge, i rifiuti della società. Ma sono loro ad andare, all’invito di Dio vanno alla mangiatoia, il canto di gloria risuona nelle loro orecchie e subito dopo inizia a risuonare anche nei loro cuori. L’esaltazione degli ultimi ha avuto inizio. I pastori- gli umili e modesti pastori- hanno trovato il Sommo Pastore: il pastore che cerca la pecora perduta fin quando non la trova.
Qualche tempo dopo questo fanciullo viene portato al Tempio per la purificazione. Lo ricevono coloro che aspettavano, che cercavano e desideravano qualcosa da parte di Dio. Non i sacerdoti, non gli scribi ed i farisei, non i politici, non i ricchi e le personalità in vista, ma Simeone ed Anna. “Ha colmato di beni gli affamati, e ha rimandato a mani vuote i ricchi.” Coloro che sedevano nell’ombra della morte sono loro a prenderlo fra le braccia.
Il vecchio Simeone: l’umile ed insignificante Simeone. Quest’uomo lo prende fra le braccia e profetizza. Il vecchio Simeone è ora contento di morire, i suoi occhi hanno visto finalmente la salvezza!
Questo bambino diventerà un uomo, entrerà nella sinagoga del suo villaggio e leggerà:
Lo Spirito del Signore è sopra di me, perciò mi ha unto per evangelizzare i poveri; mi ha mandato per annunciare la liberazione ai prigionieri e il ricupero della vista ai ciechi; per rimettere in libertà gli oppressi. I poveri lo hanno ascoltato con gioia, ma i ricchi sono stati rimandati a mani vuote.
L’ETÀ DELLA GLORIA
Alla nascita di Cristo gli angeli hanno cantato. Gloria hanno cantato, gloria nell’alto dei cieli. Gloria! Perché è nato il Salvatore! Gloria! Per l’Evangelo! Gloria! Pace sulla terra! Pace! Pace di Cristo, non quella di Augusto.
Gli angeli cantano- circondati dalle tenebre- gli angeli cantano. Cantano scesi dalla luce della gloria celeste. Gli angeli cantano e la luce risplende nelle tenebre. Gli angeli cantano ancora una volta così come avevano cantato al principio. Quando cantarono la prima volta, cantarono la gloria del Creatore, la gloria del Creatore che disse: “sia la luce.” Questo avvenne al principio quando gli angeli e le stelle cantarono insieme. Gli angeli cantarono alla prima creazione, ora cantano alla nuova creazione. In mezzo alle tenebre appare la luce, sta sorgendo il sole della giustizia, la radiosa stella del mattino si leva. Questo è l’avvento della nuova era, l’inizio di un nuovo ordine, l’inizio di una nuova età per i figli e le figlie di Dio.
I giorni della nuova era sono arrivati non a Roma, ma a Betlemme. La luce della nuova era ha brillato nei cieli sopra una stalla, non sui palazzi di marmo del foro romano. Il corteo degli adoratori inizia con un’umile vergine, con uno sconosciuto falegname, con una marmaglia di pastori, con un solitario profeta e con una vecchia vedova. L’età messianica viene inaugurata in Giudea, la nascita di Gesù è il vero inizio del nuovo ordine dei secoli. Gesù è il principe della pace, perché è lui che porta quella pace che nessuna spada può portare. Gesù è il Figlio di Dio e suo Padre è il vero Dio! La buona notizia del suo regno consiste nell’abbondante misericordia per il misero, nella grazia per chi non la merita, nella giustizia per l’ingiusto e nella libertà per chi è prigioniero.
I giorni di Cesare Augusto sono finiti, la gloria di Roma è passata. I suoi templi giacciono in rovina, le sue arene si sono svuotate, solo i loro scheletri sono ancora in piedi. Il Circo Massimo è silenzioso, le porte del tempio di Giano si sono chiuse per sempre. Nessun figlio di Cesare siede su un trono di marmo come figlio di un dio. Nessuna età dell’oro è arrivata per Roma, il suo aureo bagliore è stato inghiottito dalle tenebre. Augusto non era un salvatore, non era un benefattore, né un figlio di qualche divinità, né tantomeno il centro di un evangelo: questo è il verdetto della storia, questo è il verdetto dell’evangelista Luca.
Solo Gesù è tutto questo! Ad un mondo ancora abbagliato dagli scintillii e dalle luci del paganesimo, ad un mondo che viene tuttora manipolato da piccoli cesari, ad un mondo la cui gloria è il benessere, il prestigio, il successo, il progresso ed il potere, la risposta si trova ancora nella mangiatoia della stalla di Betlemme. Alla mangiatoia di Betlemme i poveri, gli umili, gli ultimi e i respinti trovano ancora riparo. Loro hanno udito il canto di Gloria! E la gloria li ha circondati! Sono loro ad essere gli eredi della nuova era, i benedetti possessori del mondo a venire, i primogeniti della nuova creazione.
(1) professore di storia della chiesa e teologia biblica al Northwest Theologial Seminary, Lynnwood, Washington. Traduzione e adattamento di Francesco Pollicino.