Metodologia biblica: mettere in pratica la Parola di Dio

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paul washer round

Le missioni (22) - di Paul David Washer

 

 «Ma mettete in pratica la parola e non ascoltatela soltanto, illudendo voi stessi. Perché, se uno è ascoltatore della parola e non esecutore, è simile a un uomo che guarda la sua faccia naturale in uno specchio; e quando si è guardato se ne va, e subito dimentica com’era. Ma chi guarda attentamente nella legge perfetta, cioè nella legge della libertà, e in essa persevera, non sarà un ascoltatore smemorato ma uno che la mette in pratica; egli sarà felice nel suo operare» (Giacomo 1:22-25).

Il nostro testo inizia con l’ammonizione a mettere in pratica la Parola1. In Romani 2:13 l’apostolo Paolo usa lo stesso termine quando scrive: «Perché non quelli che ascoltano la legge sono giusti davanti a Dio, ma quelli che la osservano saranno giustificati». Pietro e Paolo, rimarcando la necessità di mettere in pratica la Parola, si mantengono sulla stessa linea d’insegnamento di Cristo stesso:

 

«Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica sarà paragonato a un uomo avveduto che ha costruito la sua casa sopra la roccia […]. E chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica sarà paragonato a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia»2.

«Perché mi chiamate: “Signore, Signore!” e non fate quello che dico?»3.

Giacomo manifesta lo stesso spirito di Cristo quando ci esorta a mettere in pratica la Parola. Il verbo “mettere” traduce la parola greca ginomai, che significa letteralmente “essere” o “diventare”. Il comandamento è espresso al tempo presente e comunica l’idea di un credente che deve “continuare a essere” colui che mette in pratica la Parola. Si vuole veicolare l’idea che, nel corso della sua vita, il cristiano deve incrementare continuamente la sua conoscenza della Parola di Dio e sottomettersi sempre di più alle verità che in essa vi apprende. Nella misura in cui vi è discrepanza tra ciò che si afferma di conoscere l’applicazione pratica di tale conoscenza, ci si rende colpevoli di “illudere” se stessi.

La parola “illudere” deriva dalla traduzione della parola greca paralogízomai, che significa ingannare con falsi ragionamenti4. L’apostolo Paolo usa questo termine in Colossesi 2:4: «Dico questo affinché nessuno vi inganni con parole seducenti». Tuttavia, in Giacomo 1:22, il verbo si trova nella forma media e indica che questa illusione o inganno si ripercuote su noi stessi. Ogni volta che il nostro “udire” non è associato al “fare” e non facciamo nulla per eliminare questa discrepanza, ci stiamo “prendendo in giro” da soli. Se si afferma il Sola Scriptura e la sufficienza della Scrittura e tuttavia la si trascura o si preferisce la saggezza umana alla Scrittura, ci si rende ugualmente colpevoli di follia. Infatti, Giacomo dice che chi agisce in tal modo somiglia a un uomo che guarda la sua immagine riflessa in uno specchio, ma non appena si gira dall’altra parte, dimentica il suo aspetto. Si agisce allo stesso modo quando si ascoltano e si comprendono le verità delle Scritture, ma poi non si obbedisce a ciò che esse dicono o non si applicano tali verità alla propria vita e al proprio ministero.

Come si può evitare la mortale malattia dell’udire non accompagnato dal praticare, del vedere seguito dal dimenticare nel momento successivo, o del confessare il Sola Scriptura pur continuando a fondare il proprio ministero sulla saggezza umana? La risposta si trova al verso 25. Bisogna dedicare la propria vita a «guardare attentamente» nella Parola di Dio, interpretandola secondo i sani principi dell’ermeneutica e camminando in riverente obbedienza a ciò che è scritto in essa. La frase «guarda attentamente» è tradotta da un unico verbo grecoparakúpto5, che significa “piegarsi accanto” o chinarsi come per guardare da vicino. Questo verbo è usato per descrivere l’azione di Pietro e di Maria che “si chinarono per guardare” (parakúpto) nella tomba di Gesù6, e dagli angeli che desiderano “guardare” (parakúpto) le cose contenute nel Vangelo7. Questa è la cura per tutti mali delle missioni globali e la chiave per portarle avanti. Positivamente, la chiesa e i suoi missionari devono dedicarsi a conoscere e obbedire semplicemente alla saggezza, ai precetti e ai comandi delle Scritture. Negativamente, essi devono rifiutare ogni strategia che prometta un modo più efficace, veloce o meno costoso per raggiungere le nazioni.

La strategia della missione della chiesa non deve essere plasmata da psicologi, antropologi o super esperti di crescita della chiesa, ma da coloro che sono devoti al Sola Scriptura e che credono fermamente nella sufficienza della Scrittura. I missionari non hanno bisogno di essere addestrati con le ultime “strategie per la fondazione di chiese” così in voga oggi, ma che presto saranno abbandonate e sostituite. Essi devono essere addestrati nelle lingue bibliche, nell’ermeneutica, nella teologia sistematica e nella storia della chiesa. Sono queste le discipline che consentiranno loro di interpretare correttamente le Scritture e di “praticare” l’opera missionaria “mettendo in pratica” la Parola!


NOTE

1 L’espressione “mettere in pratica” traduce il sostantivo greco poiétes, che viene dal verbo greco poiéo, “fare”.

2 Matteo 7:24-26.

3 Luca 6:46.

4 paralogízomai [pará = contrario al + logízomai = ragionare].

5 parakúpto [para = accanto, vicino + kúpto = chinarsi spogendosi avanti].

6 Luca 24:12; Giovanni 20:5, 11.

7 1 Pietro 1:12.